martedì 22 gennaio 2013

Io Scriverò


Maurits Cornelis Escher  Mani che si disegnano

Lo spazio era angusto e l'odore che aleggiava era acre e chimico. Il capannone, dopo tanti buoni propositi e tentativi svaniti nel nulla, era stato riadattato a laboratorio fotografico seppur ancora in via di allestimento "definitivo". Il  suo progetto era partito cosi, un po' alla buona, tanto che, all'epoca in cui  aveva iniziato i lavori di riadattamento di quel tugurio, non possedeva neanche una macchinetta professionale. Erano trascorsi cinque anni e gli sembrava ancora ieri. Le cose non erano cambiate di molto. O forse si. Oppure no. Lui era cambiato. Chi poteva dirlo? Aveva bisogno di un riferimento, era cambiato rispetto a chi o che cosa, qual’era il termine di paragone? Era possibile confrontarsi con se stessi, considerando il sé precedente come termine di paragone di una possibile presa di coscienza odierna? Dopotutto,  l’oscurità in cui viveva, gli aveva annebbiato anche le reti cerebrali. Non troppo afflitto da tali vaniloqui, si accese una sigaretta. Ogni giorno blaterava che avrebbe sistemato tutto, ma ormai quella sistemazione provvisoria era più definitiva di qualsiasi altra cosa nella sua vita. La camera oscura era la sua casa.