domenica 10 febbraio 2013

Idiocrazy


La notizia, sotto forma di onda sonora, uscì dalla bocca dello speaker radiofonico, facendo vibrare le membrane all'interno del microfono e trasformandosi in breve, in un segnale elettrico successivamente modulato in un onda contenente l'informazione.

L'onda modulata, era pronta per viaggiare indisturbata nell'etere, nella sua banda di frequenza. Alla velocità della luce, senza lasciare spazio al tempo.

In quel preciso istante un uomo viaggiava con la propria macchina. Imbottigliato nel traffico del lunedi mattina, tra camion e semafori rossi, si concesse un minuto per risintonizzare i canali della propria radio. Così, il caso scelse quell'esatta frequenza.


Passò un istante impercettibile, frazioni di milionesimo di secondo, in cui l'onda, partita dalla stazione radio, venne demodulata e trasformata di nuovo in suono.
Quel suono non era altro che la notizia, sillabata lentamente dal giornalista, sintetizzata dall'elaboratore e dispersa attraverso la pelletteria del veicolo.  
Il suono di quelle parole, giunto all'orecchio, è interpretato dal cervello, che reagisce in modo singolare in funzione dello stimolo che percepisce. Parimenti accade nella percezione dell'informazione.
Così, sentì accelerare i battiti del cuore, tangibile evidenza della correlazione tra l'apparato uditivo e quello nervoso. L'orecchio colse l'onda sonora, stimolo recepito e magistralmente elaborato dal suo cervello. Meravigliosa interazione frutto di una molteplicità di fenomeni che avvengono quasi simultaneamente su più piani distinti: quello fisico della vibrazione del mezzo e della propagazione dell'onda sonora, quello fisico-fisiologico dell'interazione tra l'onda sonora e l'orecchio, il piano puramente fisiologico della trasformazione del segnale ad opera dell'apparato sensoriale e del sistema nervoso, infine quello fisiologico-psicologico del riconoscimento, della cognizione del segnale, e dei suoi correlati emotivi. La notizia lo colse in modo improvviso e inaspettato  

Non credeva più a niente e nessuno, i suoi valori erano il retaggio di una fede spenta dallo stesso fuoco che l'alimentava.

Di chi sarà questo destino?

Il mondo vissuto tra le pagine di libri, amati, letti e riletti; quel mondo lontano sentiva di viverlo quando volava con la mente verso posti mai visti, sconfinando fuori dagli usi comuni, immaginando la consistenza dell'aria nella vetta del monte Everest, quasi priva di ossigeno, oppure il canto delle sirene di Ulisse, così distante.

Per lui, la vita là fuori, era mossa da stupidi desideri, vanità e incoerenza su tutti e la maggior parte dei viventi, la si poteva quasi categoricamente etichettare in cerca del miglior branco a cui appartenere. Osservava viventi appartenere a qualsiasi tipo di branco: religioso, politico, economico, studentesco, sportivo.. All'interno di ognuno di questi,  non vi era spazio per più di un leader. Uno ogni cento. Ma le proporzioni, a seconda delle situazioni, potevano benissimo variare. Ad esempio, un cervello ogni mille viventi era più che sufficiente. Nei casi più gravi, uno poteva avere la meglio su un milione ed oltre. I viventi, come parti di un unico organismo, mani, bracci, busto e piedi eseguivano perfettamente le indicazioni del cervello principale. Erano una massa, incapaci di contare come singola unità ma solo di sentirsi parte integrante di un sistema più grande, che solo minimamente avevano la capacità di controllare. Così, cervello contro la massa del sistema, ne vedeva a moltitudini in fila, per ore e ore, a dannarsi, girare,spendere e comprare oggetti pressoché inutili, ma di cui avvertivano l'impellente bisogno di possesso.
In prima fila alle feste, nei loro abiti scintillanti, egregiamente impreziositi di ornamenti cancerogeni come le sigarette in bocca, da cui si ostinano ad aspirare i peggiori idrocarburi del tabacco ed il bicchiere in mano pronti ad impoverirsi l'anima, oppure uccidere a sangue freddo purché non si intralci la loro rotaia della vita.

Pensava a come tali viveventi recepissero quel bisogno incessante di appartenere, quella dipendenza compulsiva, così, continuamente assuefatti dal branco; che con il tempo, sarebbero andati incontro ad una sorta di atrofia cerebrale.
I suoi pensieri cominciarono a roteare come moti di rivoluzione, indipendenti l'uno dall'altro:
-La solitudine è ancora oggi una consuetudine estranea alla natura umana, ma purtroppo necessaria, se un uomo cerca di reagire e quindi ragionare con il proprio cervello.- 
Tornò a domandarsi ancora:
-Ma se tutti questi soli, cominciassero ad incontrarsi non sarebbero più soli, ma sarebbero anch'essi un branco?-

Di colpo quel moto di rivoluzione attorno al cervello cessò, come se, non solo i pensieri, ma anche i pianeti dell'intero universo si fossero fermati, come un grave in caduta libera gli ripiombò quella notizia udita un attimo prima. 
La notizia benché breve, era talmente significativa, che ad intervalli armonici ritornava nella sua testa. Ancora non poteva credere a quelle parole, ebbene sì, anche l'ultimo uomo libero se ne era andato. Non si sa dove, né perché, ma questa era la vittoria del branco.

-Forse, l'uomo libero, ha cercato cosi tanto di combattere la perversione degli altri, che ne è diventato egli stesso vittima. E così potremo vederlo fare quelle fatidiche file e sfoggiare, con vibrante ardore, i suoi nuovi acquisti. Vedere il suo cervello adagio, distruggersi nella sua atrofia perchè da sempre homo homini lupos.-

Ormai era tardi, i suoi pensieri non avrebbero cambiato quel destino. Pensò a se stesso, ai suoi piccoli successi e ancor più agli insuccessi della propria vita, e alla possibilità di salvarsi. 
Egli era diverso da tutti. Ogni giorno, percepiva qualcosa di nuovo, ogni giorno una piccola vittoria. Realizzava giorno dopo giorno un pezzo di vita, da inserire nel suo grande puzzle, cambiando poco alla volta. Di natura camaleontica, non aveva bisogno di un branco, aveva gettato il cemento della propria vita con le proprie e sole forze.

Ormai lontano, accos la macchina, una ragazza seduta nel verde, sembrava aspettarlo da tempo. Era certamente il suo complementare, l'esatta forma opposta di un uomo solo.*
La ragazza gridò il suo nome e con ridondante eco la voce si sparse nell'ambiente circostante. Quel nome era: -Libertà!-. 

Un bambino non molto lontano, giocava in un giardino. 
Trasportato dal vento sentì arrivare quell'eco nelle sue orecchie, avvertì quel suono vibrante distintamente, in maniera tale da farlo vibrare non solo per l'emozione ma nel profondo dell'anima. Se lo sarebbe ricordato per tutta la vita.


* "Da tempi remoti, quindi, è innato negli uomini il reciproco amore che li riconduce alle origini e che di due esseri cerca di farne uno solo risanando, così, l'umana natura."



4 commenti:

  1. Si dice che alcune vite siano legate insieme dal tempo e attraverso e si riconoscono, unite da un'antica chiamata che riecheggia attraverso il tempo!!
    baci

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  2. Racconto interessante, si percepiscono in sottofondo i richiami al Maestro. Il sentirsi diversi in profondità, quando il significato della vita si allontana dalle sovrastrutture (o il cambiare lentamente rispetto a chi è inserito in ritmi estranianti), ha sempre un effetto di solitudine.

    Scegliere di non adeguarsi alla corrente significa essere liberi di deviare e proseguire da soli il proprio destino. Perché quello della libertà è un talento, una predisposizione di pensiero "incorreggibile". E non tutti ne hanno coscienza o ne reggono la consistenza.

    L'aspetto "fisiologico" mi fa pensare a quanto diverso sia il grado di percezione del mondo per ogni persona, pur partendo da un sistema adattivo comune.
    E anche questo, come l'amore, fa la differenza.


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    1. Davvero Grazie! non solo hai colto l'essenza ma c'ha fatto davvero piacere :)

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  3. Ciao Lavinia! Per prima cosa grazie mille del commento.. Il nostro blog è partito un pò in sordina, a causa degli impegni universitari non abbiamo la possibilità di curarlo come e quanto vorremmo. Ad ogni modo, quando il lettore coglie lo spirito e percepisce il senso e il nucleo della storia, si può ben dire che si è fatto centro! Quindi, grazie per averci entusiasmato col tuo commento!

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